«Un viaggio iniziatico dell’animo umano nelle archeologie della menzogna, in cui pensieri e ricordi sono espressioni non del soggetto, ma del tratto anarchico dell’individuo.» Il Punto

1 October 2018 19:39  /  Press
«Un viaggio iniziatico dell’animo umano nelle archeologie della menzogna, in cui pensieri e ricordi sono espressioni non del soggetto, ma del tratto anarchico dell’individuo.» Il Punto

Di notte, su un palcoscenico di teatro di prosa. Uno spazio vuoto, appena illuminato. Nell’aria un’atmosfera densa e calda. Una luce di taglio illumina uno scrittoio posizionato sulla estrema destra del boccascena. Un uomo seduto sulla sedia, di tanto in tanto sfoglia le pagine di un grande libro non rilegato. Le pagine cadono, le rialza, cerca invano di rimetterle in ordine. Legge a intervalli regolari, le strappa. Assorto in questo atto di ripetizione, in preda a una profonda inquietudine, prega e bestemmia in tutte le lingue del mondo… È questa la dimensione di “Hard to be Pinocchio” del regista di origini siciliane Simone Mannino, una rilettura visionaria in tre atti di una dell’opere italiane più celebri e rappresentate al mondo, che offre allo spettatore una prospettiva ribaltata, esistenziale, che lo sedurrà e spiazzerà sino alla fine.

Concepito a Istanbul tra il 2014 e il 2016, durante gli intensi mesi di sconvolgimento politico e sociale a seguito del mancato golpe militare, la riscritttura del testo e la sua trasposizione in italiano risentono dell’esperienza turca, Mannino attraverso un dialogo più intimo con il testo dà vita a un’opera di riduzione dei personaggi focalizzando l’attenzione sulla figura del padre. Una visione più astratta, uno scenario asciutto senza tempo e connotazioni individuali, dove i confini teatrali si sgretolano sino a smarrirsi. I personaggi sono immersi in spazi che obnubilano la visione, calati negli echi delle proprie illusioni esistenziali. «L’immagine della fiaba si spezza, gira gli occhi e guarda se stessa; una storia universale che sta a simbolo dell’umano cammino iniziatico in cui vivono nuclei archetipici della cultura, prove e stadi simbolici della persona che deve costruirsi come maschera sociale», spiega il regista.

La scena racconta di un mondo in cui il grottesco gioco della tragedia umana si muove attraverso lo strumento dell’immaginazione.
Geppetto divene personaggio universale che intraprende un viaggio nei labili e ambigui territori della memoria e della menzogna, mostrandoci un’umanità incastrata nella sua stessa essenza. A guidarci è proprio la figura allunicata del padre di Pinocchio, personaggio disincarnato dai suoi simboli, che si spoglia di un linguaggio teatrale pieno di indulgenza retorica per immergersi nei suoi innesti di immaginario, talvolta ossessivi in cui la sua dimensione si allunga e rimpicciolisce, come organo pulsante che fagocita tutti i personaggi. Un viaggio iniziatico dell’animo umano nelle archeologie della menzogna, in cui pensieri e ricordi sono espressioni non del soggetto, ma del tratto anarchico dell’individuo.

“Hard to be Pinocchio” si avvale della collaborazione di artisti e attori che gravitano intorno alla compagnia Atelier Nostra Signora, collettivo artistico con sede a Palermo e Istanbul che produce lo spettacolo. Lo spettacolo sarà all’Out Off di Milano per il debutto nazionale il 4,5 e 6 ottobre.

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